[testo Italiano, vedi sotto]
Maybe thanks to his Lombard roots, maybe thanks to the knowledge he has gained in the fields of acoustics, botany and bioarchitecture, the fact remains that Francesco Bertelé’s approach to art has an almost “Leonardo” expression. The conception of his works vacillates at the intersection between his knowledge of techniques and materials and the ingenuity of his ideas. He sees the centrality of the human body as a rational perceptive organism that is sometimes put to the test – but never deceived – by optical illusions or other stimuli (The Pit and the Pendulum). Or again, still on the same track, the aspiration to humanistic values that often leads the artist to construct true means of reaching social perfectibility: it is not by chance that his works include homes, ovens, gardens and fords.
His
is a corpus that seems to evolve through endeavours to reach the
solution of contextual problems, both within and outside of the
artistic discipline: each work requires the invention of new methods.
And it is for this reason that, rather than uniting the style and the
themes, he prefers to remain faithful to vital stimuli, rationalised
through an analytical process where the result is not necessarily a
unified whole. The spectator never finds himself in front of a closed
work of art but, as if following a barely visible path, he must find
his way through a network of signs and symbols whose hierarchy is
only transitional. The movement is always in a lateral direction and
the destination is always in the far distance. Like
when looking for a monument floating on the waters of the Black Sea,
the spectator first comes across a series of publicity placards, then
in a photographic diary, a video and finally in a sculpture (L'Ile
Flottante). And reality slowly slides
away, postponed until the next trace, the next curve in our
reasoning.
Is
there an end? Is there a centre? Where must we start searching for
the object of our desire, ours and the artist’s?
It
is not an object that takes shape in front of us, rewarding us in a
material way. It is more likely to appear in a vision, an unexpected
image. Going down into a cellar we find
that which seems to be a small science museum; following a map we
wander along a path through the woods and then across a ford leading
to a small island where there is a dwarf palm, unbelievably surviving
the currents of a tempestuous stream. (The secret garden).
The weariness that we are prepared to support is the measure of our
ability as spectators and of our relationship with the work of art,
which is reached only by passing through manifold stages. Our
attention moves from the object of our desire to the mechanism
leading ultimately to the moment in which it can be deciphered.
Yes,
because there is always something to decipher. Every stage along the
way is a single element of a written passage, of a code. It can be
said that the works of Francesco Bertelé coincide with the symbols
of a code that must be revealed. The aim of the exercise is however
greater than the pleasure of inventing a charade and then solving it.
Here the aim is to verify the soundness of a virtue which is presumed
to be shared by both the artist and the spectator: that which
speakers of the Latin language – and still today lawyers- call,
with an ambivalent meaning, fides.
Fides
or trust. The secrets that are part of the artist’s biography
are written on squared paper and are then cut out and reassembled in
a different sequence in order to form an irregular geometric design
(The Tracce Series). A photograph that is never publicly displayed is
broken down into pixels which are then transformed into cubes of
coloured wood and arranged in the exhibition area according to their
different hues. Anyone who is interested can buy a portion of this
work in such a way that the image belongs to everyone even though
no-one has ever seen it (Dudy Guard). A cryptic phrase is written by
joining together pieces of mirror which reflect each other so that
what would otherwise be impossible to read becomes legible (Senza
Titolo. Oblio).
Fides
or trust. An oval-shaped tree house
constructed with clay and straw in the centre of a village and left
as a gift to the local community (Tüc
as ciamumma dal voti Cosimo). A community of artists and curators has
been founded with the aim of rethinking current methods of cultural
production giving rise to a collection that experiments the
tenability of this new school of thought (Carrozzeria Margot).
Francesco
Urbano Ragazzi
>>
Sarà
per i natali lombardi, sarà per la formazione che spazia nei campi
dell'acustica, della botanica e della bioarchitettura, sta di fatto
che, nell'approccio alla pratica artistica, Francesco Bertelé ha
qualcosa di leonardesco. La concezione dell'opera, ad esempio,
compresa nell'intersezione tra conoscenza erudita di tecniche e
materiali, ingegno e priorità del progetto sull'idea. Oppure la
centralità del corpo umano come organismo percettivo razionale, che
viene talvolta messo alla prova - mai ingannato - da illusioni
ottiche o stimoli di altra natura (The Pit and the Pendulum).
Oppure ancora, sempre sulla stessa scia, l'aspirazione a valori
umanistici, che spesso porta l'artista a costruire vere e proprie
macchine di perfettibilità sociale: non è un caso che nella sua
produzione si contino anche unità abitative, forni, giardini, guadi.
E'
un corpus, il suo, che sembra evolvere per tentativi di soluzione a
problemi contestuali, interni ed esterni alla disciplina artistica:
si richiede di volta in volta l'invenzione di metodi nuovi. Proprio
per questo, all'unità dello stile e dei temi viene preferita
l'adesione a spinte vitali, razionalizzate attraverso un processo di
analisi a cui non è detto succeda una sintesi.
Lo
spettatore non si trova mai davanti a un'opera chiusa, ma, come
seguendo un sentiero appena tracciato, deve orientarsi in una rete di
segni e segnali le cui gerarchie sono provvisorie. Il movimento è
sempre laterale e la meta lontanissima. Come quando, per cercare
un monumento galleggiante nelle acque del mar Nero, il visitatore si
imbatte in una serie di affissioni pubbliche, poi in un diario
fotografico, in una videoinstallazione, e ancora in una scultura
(L'Ile Flottante). E il reale
lentamente sfugge di mano, rinviato alla prossima traccia, alla
prossima curva del ragionamento.
Esiste
una fine? Esiste un centro? Dove bisogna cercare l'oggetto del
desiderio, nostro e dell'artista?
Non
in un oggetto che appare davanti a noi, premiandoci materialmente.
Più probabilmente in una visione, in un'immagine improvvisa.
Scendiamo in un seminterrato dove troviamo quello che sembra un
piccolo museo della scienza, seguendo una mappa attraversiamo un
sentiero nel bosco e poi un guado per approdare su un'isoletta dove
una palma nana sopravvive, chissà come, alle correnti di un torrente
(The secret garden). La fatica
che siamo disposti a fare misura la nostra abilità di spettatori e
il rapporto con l'opera, che si apre a gradi diversi di
raggiungibilità. L'attenzione si sposta dall'oggetto del desiderio
al meccanismo della sua decifrazione.
Già,
perché c'è sempre qualcosa da decifrare. Ogni stazione del percorso
è l'elemento di una scrittura, di un codice. L'operare stesso di
Francesco Bertelé, si può dire, coincide con l'articolazione di un
codice che deve essere risolto. Lo scopo dell'esercizio è però
maggiore che il piacere di escogitare una sciarada e poi di
scioglierla. Si tratta invece di verificare la solidità di una
virtù, che artista e spettatore si presume condividano: quella che i
latini - e ancora oggi gli avvocati - chiamano, con significato
ambivalente, fides.
Fides
cioè fiducia. I segreti che segnano la biografia dell'artista
sono scritti su fogli a quadretti successivamente ritagliati e poi
rimontati in ordine diverso a formare un irregolare motivo geometrico
(la serie Tracce). Una foto che non viene mai mostrata pubblicamente
è scomposta in pixel, i quali vengono trasformati in cubi di legno
colorati, disposti secondo tonalità nello spazio espositivo. Ogni
persona interessata può comprare una porzione d'opera, cosicché
l'immagine è posseduta da tutti anche se nessuno l'ha mai vista
(Dudy Guard). Una criptica frase scritta unendo insieme pezzi di
specchio riflette se stessa, permettendo la propria leggibilità
altrimenti impossibile (Senza Titolo. Oblio).
Fides
cioè fedeltà. Una casa sull'albero a forma ovoidale è costruita
con argilla e paglia al centro di un paese e lasciata in dono alla
comunità locale (Tüc as ciamumma dal voti Cosimo). Un
consorzio di artisti e curatori viene fondato con lo scopo di
ripensare i metodi di produzione culturale attuali. Ne nasce una
collezione che sperimenta la sostenibilità di queste relazioni nuove
(Carrozzeria Margot).
Francesco
Urbano Ragazzi
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