mercoledì 27 maggio 2015

Guha, testo in italiano

Il lavoro di Francesco Bertelé nasce dalla ricerca di una relazione individuale con i luoghi che l’artista si trova a vivere; luoghi in cui la dimensione naturale è fortemente presente, e sui quali si proietta il suo desiderio di una sintonia profonda, primaria, organica. Nel tentativo di costruire questa relazione, Bertelé attiva connessioni nel tempo e nello spazio, recuperando storie e miti locali, dissotterrando oggetti, innescando forme diverse di condivisione con figure del posto.
Guha, realizzata durante un periodo di residenza trascorso in Islanda, scaturisce da una riflessione in cui si intersecano diversi temi; tra gli altri quello dello studio d’artista, inteso non solo come luogo fisico di produzione, ma come condizione per un viaggio interiore che comprende la meditazione, l’approfondimento e la riscoperta della memoria, individuale e collettiva, che proprio nella solitudine affiora più facilmente dal passato; è, questa, una dimensione consona all’incontro con il nuovo, e con l’“altro”.
Guhascrive Bertelè - è la caverna interiore sul bordo del mondo; è un monumento ambientale nascosto nel ventre della terra. Un rifugio invisibile per la meditazione sulla natura dalla quale noi tutti dipendiamo.”
L’allestimento comprende una serie di disegni, fotografie e manufatti; alcuni oggetti trovati; un video; un dispositivo ottico che, come i disegni, ci porta indietro nella storia delle tecniche della visione, a una sorta di tecnologia antica. Il tutto si compone in una sorta di diario.
[…]
La ricerca di un vuoto per far si che si lasci un varco all'immaginario, per ottenerne una decolonizzazione. Una sintesi concettuale che si è tradotta in un metodo pratico di meditazione quotidiana. L'opera realizzata è invisibile ai più, nascosta al termine di quel percorso che là mi ha portato. Solo chi vorrà intraprendere questo viaggio la potrà trovare, scoprendo la propria caverna del cuore.
Ecco perché questa mostra si compone di vari elementi tutti demarcati da una forte componente diaristica. Ognuno di questi elementi dai contorni instabili è parte di quel processo di iperestensione(1) che nel suo divenire compone l'opera come un non finito, costellazione di elementi personali, legati da un unico tracciato possibile. Il mio vissuto. All'interno di questi elementi, esposti in mostra, è però celato un codice che può portare colui/lei che lo decifrerà al luogo esatto della caverna realizzata in Islanda. Ma solo una persona potrà farlo, perché alcuni elementi in mostra devono essere distrutti per procedere.
Il legame univoco che si instaura tra l'opera e il suo unico vero fruitore, fa sì che egli debba intraprendere un viaggio verso l'opera, un proprio percorso, fatta di esperienze ed incontri che lo porteranno forse verso una privata meditazione e personale 'caverna del cuore'.”


Testo di Gabi Scardi per la mostra “Seminerò perle di principessa in una caverna” presso NCTM.

(1) “Il processo di iperestensione viene mostrato includendo l'artista stesso, come un sempre più integrato agente ecologico.” Julia Martin

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La lettera
Sono partito con un'idea, astratta e lontana, lontana dal luogo in cui sono e lontana dal mio essere in questo luogo.
Sono partito con l'idea di realizzare una 'caverna del cuore'. La mia caverna del cuore.
E' il luogo del vuoto come assenza e abbandono dell'io.

Non aver timore perchè il vuoto non può essere offeso dal vuoto. Tutto è tua immagine illusoria, nulla esiste in realtà, al di fuori, come cosa reale; né gli dei, né i demoni, né il demonio dalla testa di toro.

Il coraggio per abbandonare la caverna e cercare la luce. Una luce fatta di memoria...
Ma io vorace consumatore di luoghi e tempo, dilatato verso lo zero dell'attimo consumato dopo attimo, mi ritrovo in un presente continuo ed inesorabile.
Mi son chiesto come potessi tornare indietro nel tempo e costruirmi un rifugio. Come sopravvivere qui.
Come l'uomo delle buche . Fare buche per essere invisibile al mondo. Un mondo di rumore.
Ho bisogno del silenzio dell'immagine, silenzio del consumo dell'immagine.
Ho bisogno di generare vuoto, di tornare nel vuoto prima della parola. Ho bisogno di imparare a fare buche. Buche per esistere e apparire solo come buca.
Ma per farlo devo allenarmi di incorruttibilità in ogni più banale pensiero. Devo uscire dall'economia dell'immaginario.

Guarda e non distrarti!

Provo allora a trovare alcuni bordi, mi focalizzo su quei tagli.
Sto attaccato alla terra, come la radice di una pianta errante e afferro il quotidiano altrove per ritrovare casa.
Sono contenuto e contenitore di natura.
Cerco di spostare con la mente un masso creduto sacro ma in verità nient'altro che zavorra per antiche barche da mercante.

Ma che diritto hai tu di intrometterti nella mia esistenza?

Il mio viaggio qui è un viaggio dentro me. E' un percorso esoterico di isolamento e perdita di tutte le sicurezze.
Pensare con il corpo, con tutta la sua durezza. pelle carne sangue ossa linfa respiro mente. Non c'è nulla da ottenere, nulla da rendere.
Io esigo il congelamento dell'insetto nell'ambra, la sintesi della perla nelle valve.
Io sono sostenitore dell'essere umano come agente, capace di 'consegnare una goccia di splendore alla morte'.
Un assassino in abiura un giorno scrisse che 'il rimpianto, quasi sempre, è la corsia preferenziale verso l'impostura'.
Oggi ho cancellato quello che ho fatto negli ultimi giorni. Ho seguito il consiglio della neve. Lascio che il tempo mi trasformi e dia le sue perle. Un ruscello di perle.
Osservo il mondo ed ho poche parole inadeguate.
Ho solo nella testa un fischiare ininterrotto di vento che impedisce i pensieri, tempesta che mi tormenta.
Da qui non porterò via nulla e qui lascerò il mondo solidificato in un grumo di vuoto.

Insomma, son dovuto giungere fino a qui, una mattina uscire e andare alla ricerca di un teschio d'anatra visto sulla spiaggia qualche giorno prima, per trovare al suo posto la scultura perfetta, che ha avuto bisogno di due anni di gestazione trentasette dei quali di mera manipolazione e modellazione.
Ovunque ci sia uomo e spiritualità c'è una caverna nel cuore.

Seyðisfjörður, Iceland


2015

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